Il processo ha origine dalla nascita del supporto (ortŭs), carta fabbricata artigianalmente dall’artista, che diventa soggetto dell’opera.
La carta viene posta a contatto con la terra creando una sorta di meccanismo simbiotico in cui le sostanze che la carta rilascia sulla terra la fertilizzano, mentre la stessa modifica l’impasto cartaceo, come per mano dell’artista.
Successivamente avviene la contaminazione pittorica, sino ad arrivare alla morte dell’opera (obitus), fine di un processo creativo, ovvero la trasposizione verticale della carta su supporto.
La creazione dell’opera inizia con la realizzazione site-specific di fogli di carta artigianale disposti ad asciugare a contatto di tronchi di alberi di castagno.
I fogli asciugati vengono quindi distaccati dalla corteccia e fissati per preservarne la forma ottenuta.
I calchi di carta raccontano parti di un vissuto naturale irripetibile di cui sono stati essi stessi parte integrante nel momento della loro realizzazione, diventando così una sorta di corteccia della corteccia.
Successivamente i frammenti asciugati ed esportati dalla matrice originaria assumono la caratteristica di opere in quanto stampe/calchi rappresentativi di una matrice vivente o vissuta.
Diplomato nel 2009 presso il liceo artistico “Ego Bianchi” di Cuneo. Nel 2013 consegue il diploma di I° livello e nel 2015 di II° livello in Pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, frequentando il corso di Italo Bressan. Attualmente collabora con la galleria Kalpa Art Living di Volterra.
La sua ricerca attuale ha come intento quello di raccontare le possibilità artistiche di narrazione della vita dell'opera d’arte nella sua interezza. Dalla genesi al processo, sino alla loro morte, l’artista assembla e impasta materiali pittorici e scultorei, sempre cercando un risultato formale che li accolga e li contempli contemporaneamente. Ogni espediente materico impiegato si trasforma in quel frammento espressivo utile a raccontare la transitorietà dell’opera al pari di ogni altra forma vivente. È come se Michele Bruna volesse sottolineare l’alchimia ‘neghentropica’ nel divenire delle cose. Si tratta di quel gioco di forze che, contrariamente all’ entropia nel suo moto a disperdere, tende invece ad accorpare, unire e amalgamare. La costante interrogazione dell’arte e dei suoi mezzi porta dunque Michele Bruna a considerare l’arte come mezzo e al tempo stesso fine.